Monday, May 2, 2011

Lettera aperta.



Mio caro amico, buon Cesare, ti vedo stanco, il tuo sguardo è pesante, trascina con sé tutti gli anni che hai trascorso in questa terra difficile, odiabile, il più delle volte ingrata, senza memoria.


Hai le mani deturpate dal tempo, la voce fioca, il cuore pieno di ciò che è stato e che stai vedendo ripetersi.


Tu chiedi a me scusa, per il comportamento dei tuoi preti, per la loro poca disponibilità.


Già, perché il tempo dei missionari è allo scadere, ora bisogna accontentarsi. Lo so, è terribile dirlo, ma ancor di più sarebbe negarlo.




nonostante tutto

Chi prenderà il tuo posto, nessuno desidera farlo, a pochi piace il giallo, il sapore della terra, di questa terra.


I messaggi che tu mi scrivi ancor prima che l’alba debba nascere, ti firmi il Vescovo, perché solo l’unico a chiamarti in quel modo, quando mi avvicino a quella costruzione fatiscente che è la tua piccola casa.


Dentro quella catapecchia piove, fa caldo quando fuori i rami sono animati dal vento, non hai spazio per pensare, e i tuoi occhi diventano lucidi quando mi ripeti che vorresti lasciare qualcosa di meglio di una pericolante accozzaglia di fango e pietra, al tuo successore.


Sei un buono, Cesare, hai messo la tua persona all’ultimo posto, sempre, e di questo devi essere orgoglioso. Sei un cristiano, come piace a me definire le persone che hanno saputo guardarsi dentro, da fuori, mettendosi in gioco, azzardando quando nessuno osava anche solo pensare che fosse possibile.


Buon Cesare, missionario, vescovo di Rumbek, ma ancor prima, uomo … io ti rispetto.


P.S. a stasera per coloro che aspettassero notizie sui Nuba