Tre canzoni ripetute un numero imprecisato di volte hanno fatto da sottofondo al viaggio che mi ha portato a Juba.
Osservo lo sguardo tenero di Stephen, lui soldato per anni, vedovo e non più padre, di questa zona conosce bene le foreste che la circondano, un tempo più folte … il progresso lo cattura per un istante ma non lo disorienta.
Lo ascolto con attenzione quando mi racconta a tratti ciò che era il suo Sudan, un puzzle di immagini a cui dare un ordine sembra impensabile, sai perfettamente che pur selezionando i colori non otterrai un nitido disegno, troppi sono i contrasti, le macchie, i vuoti … impossibile.
Le costruzioni avanzano, molti perdono il passo, il contorno del nuovo è rappresentato dalle aree studiate a tavolino per i nuovi poveri della capitale emergente, per coloro che inseguono un sogno pur sapendo di non essere invitati al grande banchetto.
Forse qualcuno dimentica che non vi è alcuna differenza fra guerra ormai tramontata e conflitti recenti sparsi in ogni dove, in entrambi i casi, i morti sono morti.
23 nubani uccisi a Rashad, mercoledì scorso.
P.S. certo Anns, ho salutato Valentino.